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  • Claudia

BLU


Ho un nome qualsiasi e mi chiamerò come volete che io mi chiami, è un'informazione quasi sopravvalutata, inoltre il mio nome è brutalmente rovinato dalla mia persona e da ciò che gli altri pensano di me . Sono un medico, amo il mio lavoro, un po’ meno le persone che mi circondano.

Oggi è stata una giornata strana, come ormai tutte le altre, e potrei descriverle semplicemente con la parola “blu”: c’è qualcosa di davvero strano nel blu, angosciante ma tranquillo, triste, ma che porta a un fine non troppo tragico. Il blu è un colore così irreale, così è anche la nostra vita, insignificante.

Credo di essere una persona difficile da conoscere e in generale il mio rapporto con gli altri è sempre stato un po’ diverso. Quella diversità la vedevo riflessa nei miei confronti e ho sempre avuto bisogno di una conferma, da parte di qualcuno, che anche quello che facevo io andasse bene, che anche ciò che dicevo io fosse giusto e che forse non ero così inutile rispetto agli altri. Ho sempre vissuto paragonandomi a coloro che mi circondavano, quindi ho sempre avuto bisogno di un giudizio altrui. Tuttavia ho raggiunto quel che volevo ma è stata solo un’illusione: pensavo a diventare un medico per dimostrare a quelle persone che avrei potuto farcela, ma loro dove sono? Non sono qui e nessuna persona che mi conosceva prima mi conosce ora e, allo stesso modo, chi mi conosce ora non mi conosceva prima.

Non mi duole particolarmente il fatto di aver perso la vita che avevo prima, ma in particolare una persona. Non la vedo da quando in terza media aveva scelto di andare in una scuola superiore diversa da quella in cui sarei andata io; non eravamo nemmeno amici e la cosa peggiore era che a quella persona non importava. Ancora mi ricordo il giorno in cui l’ho scoperto: iniziai a ridere finché non scesero le lacrime dai miei occhi e forse ora ho capito che non erano lacrime di gioia, bensì di confusione, ma nonostante ciò mi faceva ridere il modo in cui per me era così importante, anche a quell’età. Da quel momento capii quanto sarebbe stato importante il tempo rimasto, ma, nonostante io l’avessi capito, continuai a non fare nulla. Stavo ferma ad aspettare che qualcosa cambiasse anche quando il cambiamento era ormai impossibile e in classe scrivevo su fogli che avrei buttato, lamentandomi di quanto la mia vita fosse noiosa, quando quella costante distanza che c’era tra noi la creavo io, solo io. Sì, perché in fondo quella persona aveva fatto davvero tanto, tuttavia avevo uno specchio davanti agli occhi che mi mostrava ciò che ero ma mi impediva di vedere chi c’era dietro. Dal momento che questa indifferenza nei confronti degli altri, che avevo fino al momento in cui loro sparivano silenziosamente dalla mia vita, si rispecchiava su tutti, credo che potrei e dovrei chiedere loro scusa. Forse ora ricorderei qualsiasi ricordo passato e lo tratterei meglio di quanto ho fatto prima.



Nota editoriale: È vero, giornalismo significa verità, significa narrazione puntuale dei fatti. Ma questo non è un giornale qualsiasi, questo è il Paglierino. È un giornale speciale che accanto alle notizie certe, documentate, accurate, vuole anche essere uno spazio a disposizione di chi ha qualcosa da dire.

Da questo numero, quindi, apre l'angolo Blu, uno spazio riservato a racconti di fantasia. Come nella tradizione dei romanzi d'appendice, anche le pagine del Paglierino, a ogni numero, accoglieranno un episodio scaturito dalla penna di Claudia. Buona lettura!

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